Le miniere del Fursil
Nel XII secolo il territorio del maso di Colle Santa Lucia, alle falde del monte Pore, era denominato "Puchberg" e anche "Wersil" (poi Fursil). Entro questa zona venne scoperta una "vena" di minerale ferroso, siderite manganesifera, che ben presto rese il territorio del Fursil assai importante e appetibile. Infatti l'imperatore Federico I Barbarossa con il decreto del 5 settembre 1177 (il più antico documento relativo a questa area) riconobbe le miniere del Fursil di proprietà del Convento di Novacella, che a sua volta le cedette al vescovo di Bressanone. A causa dell'ingente valore del minerale estratto (ferro acciaioso ottimo per la produzione di armi) e la posizione di confine delle miniere, tra i territori del vescovo di Bressanone e quelli della Repubblica di Venezia, subentrarono ben presto molte accanite lotte per il loro possesso. Nel 1337 il sito venne dato in uso ai signori locali Guadagnino Avoscano e Rizzardo da Camino che cominciarono a impiegare manodopera veneta e cadorina. Per regolarne l'assunzione nel 1369 intervenne Corrado Stuck, capitano del castello di Andraz, stabilendo l'impegno dei soli minatori (canòpi) veneti e vescovili, graditi alle due parti.
Le contese proseguirono per il possesso delle "vene" e per lo sfruttamento degli ormai scarsi boschi, necessari per la fusione del ferro, sia tra brissinesi e veneti, tanto da portare i cadorini nel 1479 a incendiare Pian di Colle. Anche tra il vescovo di Bressanone e il Convento di Novacella vi furono controversie tanto che nel 1490 dovette intervenire papa Innocenzo III per riconfermare tutti i privilegi al Convento di Novacella.
Il massimo rendimento delle miniere si ebbe intorno alla metà del 1600 quando vennero aperte quattro gallerie (di cui una lunga un chilometro) e si potevano estrarre fino a 10mila secchi di minerale, tanto da permettere il funzionamento contemporaneo di ben nove forni fusori: otto veneti, distribuiti nelle valli di Agordo e Zoldo, e uno vescovile. Quest'ultimo, situato presso il castello di Andraz, nel 1558 fu poi spostato, per la scarsità di legname, a Valparola e quindi a Piccolino in Val Badia. Per garantirne la provenienza e la qualità, il ferro veniva marchiato con l'agnello, simbolo vescovile di Bressanone. Dal prezioso minerale il vescovo ne ricavò cospiscue entrate mentre non molto andò a beneficio del paese di Colle.
Un accordo con i vescovili consentì di lavorare le miniere fino alla loro chiusura, verso il 1753. La società Breda le riaprì per breve tempo, nel periodo autarchico 1938-1943, con la miniera detta "Valle dell'agnello". La definitiva chiusura si ebbe nel 1945.
Di tale secolare importanza manifatturiera oggi rimangono precisi segni storici sul territorio: oltre al castello di Andraz, nei pressi del passo Falzarego, a Colle Santa Lucia la Casa Chizzali Bonfadini (detta anche "Cèsa de Jan", posta vicino alla piazza del paese) e tratti della "Strada da la Vena", l'antica via del ferro che univa i luoghi della coltivazione delle "vene" a Colle Santa Lucia a quello della fusione del minerale al castello di Andraz.